Alla guida
dell’Artena III serie



Conosco la mia Artena da sempre, quando nacqui era già in autorimessa e non veniva più utilizzata. E’ rimasta ferma per tanti anni e mi piace ricordare quando, da bambino, mi sedevo al posto di guida e raggiungevo con gli occhi appena l’altezza del pomello del claxon. Chiusa la porta mi trovavo circondato dagli strumenti neri a lancetta bianca, la lunga leva del cambio cromata affiancata da quella del freno a mano e da tiranti, pomelli e comandi per me allora sconosciuti. Ricordo quando mio padre ogni anno o due procedeva al rito della messa in moto: acqua, olio, benzina, batteria, estintori a portata di mano. Contatto! Il “tic tic tic” della pompa Autopulse iniziava a farsi sentire veloce, poi sempre più lento fino a fermarsi. A questo punto bastava una leggera spinta sul pedalino d’avviamento ed ecco il motore in moto. Ancora oggi è così. Tic tic tic, pedalino e via! L’Artena ha 71 anni, io ne ho 41 e dal restauro avvenuto nel 1985 ho percorso circa 25.000 Km in sua compagnia. La conosco bene, l’ho smontata e rimontata, l’ho oliata e lubrificata. So da dove proviene ogni rumore, so come si comporterà alla prossima curva o alla prossima cunetta. Le sospensioni anteriori indipendenti offrono un comfort strabiliante e una precisione di guida notevole. Si viaggia bene in autostrada e si può affrontare agilmente un gymkana. Si può percorrere una strada in terra battuta alla massima velocità senza avvertire le buche. Il motore è bilanciato e silenzioso, non è potentissimo ma può bastare. La pianura non ha segreti per lei ma in salita si sente tutta la massa che si sta portando in giro. Riuscire ad affrontare una salita in terza marcia è un miracolo e, scalando in seconda, il cambio emette un caratteristico sibilo che ci accompagnerà fino alla vetta. Non è un difetto, anzi: sono la terza e quarta marcia ad avere “ingranaggi silenziosi” come recita il libretto di uso e manutenzione. Per la discesa che seguirà ci si affida ciecamente ai freni che sono potenti ed affidabili anche se lo sforzo da applicare sul pedale non è indifferente. Tutto sommato non si può recriminare nulla sul comportamento dell’Artena anche se è sempre stata considerata la parente “povera” dell’Astura, più adatta al tassista piuttosto che allo chauffeur. Mi torna in mente una frase che mi disse Giancarlo Cappa circa 20 anni fa: “L’Artena è come una brava massaia alla quale nessuno ha mai scritto poesie”. Forse aveva ragione ma io mi sono innamorato tanti anni fa dell’Artena e… il primo amore non si scorda mai!
Carlo Salmoiraghi


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Ultimo aggiornamento: 24 novembre 2005